Quale è la differenza tra counseling e psicoterapia?
Articolo di Loris Adauto Muner pubblicato sul “PERIODICO DI INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO PER COUNSELORS E PROFESSIONISTI DELLA RELAZIONE” Prepos Domanda difficile. La prima che ci ha angustiato fin dall’inizio della nostra formazione. Negli anni abbiamo conosciuto vari tipi di counseling: di psicosintesi, di analisi transazionale, di gestalt, di logoterapia, transpersonale, bioenergetico, più o meno tutti quelli che rientrano nella grande famiglia della psicologia um...
Articolo di Loris Adauto Muner pubblicato sul “PERIODICO DI INFORMAZIONE E AGGIORNAMENTO PER COUNSELORS E PROFESSIONISTI DELLA RELAZIONE” Prepos
Domanda difficile. La prima che ci ha angustiato fin dall’inizio della nostra formazione. Negli anni abbiamo conosciuto vari tipi di counseling: di psicosintesi, di analisi transazionale, di gestalt, di logoterapia, transpersonale, bioenergetico, più o meno tutti quelli che rientrano nella grande famiglia della psicologia umanistico-esistenziale di Roger, May e Maslow. La santa triade.
Tutti e tre psicoterapeuti, anzi psichiatri, per cui di formazione psico-medica.
A parte la logoterapia, fondata da uno psichiatra che per sua stessa ammissione non la considera una psicoterapia, (pur tuttavia rimanendolo), tutte le altre forme di counseling succitate derivano e si inalberano dalla loro fondazione psicologica. Allora, dove sta la differenza? Nel setting empatico? Ma quello ormai ce l’hanno anche i parrucchieri, per non parlare dei baristi. Nelle valenze educative, pedagogiche, filosofiche? Ma chiunque lavori con persone, un po’ educatore, un po’ mentore, un po’ saggio lo deve essere per forza. Abbiamo chiesto ai nostri formatori quale fosse questa benedetta diversità fra counseling e psicoterapia e in molte risposte sono stati citati la rapidità, la concretezza, l’efficacia, il sostegno, il conforto del counseling. Ma anche la psicoterapia vanta, e con ragione, la stessa concretezza, efficacia, sostegno e conforto delle cure.
Dunque? Alla fine la discussione si concludeva con l’affermazione lapidaria su cui tutti i formatori concordavano: il counseling non è una psicoterapia, difatti non può occuparsi di disturbi di personalità, non può occuparsi della psicologia e della ristrutturazione dell’Io. Il suo campo di azione non è la psicopatologia. Scoprimmo che il counseling era benignamente tollerato se solo si occupava di disagio, niente che coinvolgesse la psiche, per carità, solo di disagio esistenziale, quello normale. Roba minima.
Il fatto che il counseling, sotto sotto fosse, in buona fede, spacciato dagli stessi formatori come una specie di B-therapy, un blando sostegno per chi non era in grado di reggere o permettersi una psicoterapia vera, o per gli sbandati delle cure alternative che hanno in spregio tutto ciò che riguarda la psiche e la ragione, ci sembrava un po’ poco, perlomeno a fronte di tutto ciò che ci stavamo investendo.
Secondo noi il counseling non era una psicoterapia non perché non era autorizzato ad esserlo, ma perché era qualcosa di radicalmente altro. Ma cosa? Non abbiamo mai capito bene cosa fosse, ma tutti noi abbiamo sempre sentito (sia da studenti, che da clienti, che da professionisti) nella pratica del counseling un certo non so che. Un qualcosa che non avevamo mai avvertito negli studi di psicoterapia e men che meno in quelli medici, per non parlare delle aule universitarie. Un’aria, come una specie di magia, che non riguardava solo la bellezza della relazione empatica, del dialogo, della concretezza efficace. Era qualcosa di diverso, una specie di radianza.
Una specie di campo in cui il counseling genera empatia, certo, ma anche di più, sicuramente amore, ma ancora di più: Vita.