COS’E’ L’ANIMA?

Prima di ogni periodo di quest’articolo troverai il link ad una musica che ne potrà accompagnare la lettura. Scegli tu se ascoltarla di sottofondo o prima della lettura di quella parte per poi passare alla successiva.

Scorpions: “ Winds of change”
L’Istituto Dia/Logos (Life-counseling/Counseling del senso di vita) di Milano e l’Associazione Alethes (Counseling relazionale-esistenziale nell’empatia e nell’affettività) di Napoli, sono lieti di presentare insieme questo articolo. Sono le nostre riflessioni, con qualche abbozzo di proposta, su cosa potrebbe essere il counseling se si occupasse dell’Anima. Noi abbiamo il sospetto che il counseling relazionale sia già “prendersi cura dell’Anima” e della sua figlioletta la consapevolezza com-passionevole (cum patire). Nel dubbio abbiamo cominciato a domandarci cosa sia per noi l’Anima. I testi di riferimento di cui ampi stralci sono riportati sono: Anselm Grünn e Wunibald Müller che cos’è L’anima?” (Queriniana). Vito Mancuso: “Io e Dio”, Garzanti, Raimon Pannikar e Hans Peter Dürr: “L’amore fonte originaria dell’Universo” Edizioni La parola. Matthew Fox: “In principio era la gioia” ed. Campo dei fiori, Piero Ferrrucci: “la bellezza e l’Anima” Mondadori e altri ancora che hanno contribuito a formare in noi delle sensazioni-idee-principi.

COUNSELING DELL’ANIMA? MA COSA INTENDIAMO PER ANIMA?
L’Anima, è il vento che gonfia le ali della vita e la persuade all’eterno divenire, a generare e a rigenerarsi senza sosta, a essere sempre pregna. Ogni materia è vivente ed è una manifestazione della vita eterna. “La nostra vita è l’anima che si fa riconoscere mediante il proprio frutto, il corpo”, (Henry D. Thoreau). L’anima plasma il corpo umano. Il corpo e la mente sono i veicoli in cui l’Anima trova espressione nella nostra vita. Quanto più il modo in cui intendiamo la nostra vita, coincide con il punto di vista dell’anima, tanto più siamo soddisfatti. L’Anima è la Grande Giocatrice che, quando la vita si impaluda e isterilisce, rimescola le carte e distribuisce un’altra mano affinché l’energia torni a scorrere e la vita a fruttificare. L’Anima è la Grande Seduttrice, incessantemente alla caccia dell’Essere, lo scova dagli abissi del sonno e lo attira all’esistere (ex-sistere = uscire dalla stabilità, dalla fissità). Quando l’Anima chiama, spinge impetuoso il vento dell’Innamoramento verso la vita, il vento della conoscenza (conoscere = amare). Nell’aria frizza un profumo di primavera che scompiglia i pensieri ammuffiti nella sedimentazione delle certezze acquisite, risveglia e rimette in moto la mente intorpidita nella stantia routine dell’inverno quotidiano. È l’Anima che ci fa lo sgambetto, ci trasforma in personaggi patetici e imbranati, ci fa precipitare nella crisi più profonda, affinché ci risvegliamo, ci convertiamo, fino a ritrovare la pista che ci riavvicina a quanto è confor­me all’Anima, a quanto vuole l’Anima. Ciò vale so­prattutto quando l’anima ci vuol far giungere a una trasformazione contro la quale il nostro ego fa resistenza, oppure quando ciò significa dover cambiare strada. Lasciare il noto e avventurarsi nell’ignoto. Liberarsi si schemi obsoleti e abitudini muffose. Quando avvertiamo confusione, dissonanza, sentiamo che qualcosa non quadra più, quando intuiamo che da qualche parte deve verificarsi una mutazione, una espansione quella è l’anima che sbuffa, smania, brama vita nova. La furia dell’Innamoramento scuote la coscienza che dorme nel sogno della materia e la spinge ad uscir fuori, incontrare, “mettersi insieme”, unirsi e portare alla luce una nuova vita, un nuovo progetto, un nuovo senso. La vita materiale ci rende pigri, negli automatismi della vita ordinaria siamo un po’ in trance. Inconsapevoli come bimbi. Tendiamo alla catatonia, l’anima ci tiene svegli. Attivi. L’anima è umile (non modesta: “La modestia è la virtù degli imbecilli Oscar Wilde”) sa nell’umiltà concimare il terreno della vita e dell’uomo attraverso l’autenticità, l’accoglimento delle contraddizioni, la bontà figlia di una cattiveria (captivus = prigioniero) riconosciuta e accolta come possibile scelta, ma non scelta. L’anima ci consegna in mano al nemico (il vero nemico è sempre dentro di noi), e ci da la possibilità di risolvere il conflitto. (Amate i vostri nemici). L’anima è innocente (non ingenua), innocente nel senso che permea, sente, accoglie tutto in buona fede (con fiducia) come se fosse sempre la prima volta; s’indigna, anche fortemente, ma mai si sconvolge. L’anima non è mai assolutamente quiete, serenità, acquisizione di sicurezze certe. L’anima è turbinio di energia, anche inquieta, ma sempre con un senso ultimo, mai irrequieta o irascibile. Si piega ma non si spezza. L’anima è l’ancora che si disancora mille volte e mille volte si ancora, non importa dove, importa come. L’anima è la relazione tra tutti e tutto, non si nasconde mai, siamo noi che non vogliamo vederla o sentirla e allora ci spinge, letteralmente ci spinge verso il senso. L’anima è semplicemente inevitabile e ineluttabile quindi prima o poi ti tocca rispondere alla sua chiamata. È il contrario dell’angoscia di kirkeghiana memoria, l’angoscia come una volontà irrealizzabile di perdita dell’anima, l’anima come contenitore che avvolge teneramente, accarezza e risolve l’angoscia. L’Anima tutto ha in sé e ne da senso, contiene il tempo e contemporaneamente da il tempo. L’Anima è il soffio, di una persona innamorata all’amato, che toglie dolcemente una foglia appoggiatasi sul viso avvicinando le labbra prima alla guancia e poi agli occhi aperti in uno sfioramento di complicità.

L’Ego è assonnato, di suo tende all’immobilità ripetitiva, inerziale (la materia è pigra diceva Jung). Facciamo fatica a star svegli. Siamo come i bimbi che, al mattino, al richiamo della Madre rispondono: “Ancora cinque minutini”. La buona Madre li blandisce, apre le persiane per far entrare la luce, spalanca la finestra per far entrare l’aria del nuovo giorno, spande nell’aria gli aromi del primo pasto e poi, se ancora il bimbo non si sveglia, lo sbranda. Questo già fece Eva, la prima Anima, quando, nel Paradiso Terrestre, spinse Adamo fuori di casa, a vivere veramente, a cercarsi una vita in strada. Perché è nel Cammino, lungo la Via, che avvengono gli incontri che fanno crescere ed evolvere la vita. L’anima è nata per-correre le Vie del Mondo.

Chiusa fra quattro mura, l’Anima sclera, si sente in gabbia come lo Spirito Santo in un consiglio di amministrazione dello IOR o un santo in monastero. E quando l’Anima si innervosisce non ce n’è più per nessuno. Quando fischia il vento dell’Anima si risveglia in noi uno struggimento, una frenesia di dare alla luce. Si risveglia nella coscienza un bisogno di partorire; la nostra vita si scuote nelle doglie, l’Anima risplende eccitata dalla magia che è insita sempre in un nuovo inizio (H. Hesse). Il soffio dell’Anima è l’Innamoramento, un tornado che spazza le deserte praterie della mente e scuote tutto ciò che gli si oppone, finché non cede. Le strutture fisse, rigide, ben piantate vengono scoperchiate. L’Innamoramento è il maestrale che scopa via la bonaccia e fa muggire il mare, che fa tendere le gomene delle ancore, gonfia le vele, fa gemere il fasciame della chiglia bramoso di vedere le stelle dell’Altro Polo. Alla scoperta del Mare incognito. L’Oceano dell’Infinito Amore. L’Innamoramento è l’energia creativa e curiosa dell’Anima, il richiamo dell’Infinita Vita Generante, che trascina la Vita fuori dal porto delle nebbie istituzionali. Ci apre agli interminati spazi e sovrumani silenzi, e profondissima quiete che intuiamo oltre le siepi e i recinti che limitano il nostro sguardo. L’Anima ha bisogno di respirare negli Infiniti Spazi e i Nei grandi silenzi. Rilassati, respira.

Spesso, per il quieto vivere, scendiamo a patti con la necessità e i suoi ricatti, rinunciamo a sogni ed utopie, rimuoviamo dal nostro Orizzonte di Senso gli struggimenti d’amore. Ma proprio quando siamo convinti che va tutto bene, che non potremmo avere di meglio, quando la vita si siede e la coscienza si seda, quando tutto è “a modino” , è proprio allora che l’anima si inquieta, la coglie come una nostalgia di spazi aperti, di vita vera. Quando l’esistenza si incasina, quando le nostre scelte/non scelte ci precipitano in situazioni che non ci lasciano margine di manovra, quando l’illusione del controllo ci riduce ai ferri corti col mondo, quando una svista nostra o della vita ci mette nei guai, non è detto che sia perché siamo tonti, viziati, incontentabili od egoisti come ci diceva la Madre Superiora. Non turbiamoci, non deprimiamoci né condanniamoci, perché quella è l’Anima che sta cercando di svegliarci a furia di scossoni. È lo Spirito Vitale che fa saltare le situazioni che da troppo tempo arrugginiscono parcheggiate in un binario morto. È l’Anima che mette nei pericoli lo status quo, perché ci vuole di nuovo vivi e amanti. Vuole che lasciamo il torpore della casa dell’infantilismo e del rincoglionimento. Ripetiamo l’anima non è stanziale è vagabonda.

Il richiamo a rimetterci in viaggio è scatenato dai famosi Moti dell’Anima che, come i Motti di Spirito, spesso conducono su percorsi che ci mettono in conflitto con la “normalità” dell’Ordine Costituito. “Dove lo trovi un altro marito così, chi vuoi che ti pigli con quel carattere che hai. E poi sei anche bruttina” Avete ragione Madre, io ho veramente provato ad accontentarvi. È l’Anima che non si accontenta. Ho provato a farla ragionare, gli ho detto: “Sposiamocelo, anche se è uno stronzo. Col tempo ci abitueremo a sopportarlo”. Ma lei non ci può fare niente è la sua natura, non ce la fa a vivere dove non c’è amore. Gli vengono le scalmane, smania, cerca l’aria. “Cosa? Ti licenzi? E dove lo trovi un altro lavoro così? C’hai la cassa mutua, le ferie pagate, la tredicesima e la pensione. Cosa ti manca? Sei il solito incontentabile. Sei pazzo!” No Padre non sono pazzo, sono Matto (“the Fool”). Giuro che ho provato ad essere come volevi tu, anch’io volevo essere un “normale”. (I cosidetti sani. La patologia della normalità. E. Fromm), ma non c’è l’ho fatta, non è cattiva volontà è questo vento che mi scombussola i pensieri, mi spinge via, mi istiga a continuare a cercarlo, a viverlo questo maledetto amore incondizionato. Cosa vuole Padre è che l’Anima non è proprio come mi avevate insegnato voi. Psichè, è una farfallona, è una vagabonda, ho provato a farla ragionare, ma lei non ci può fare niente è la sua natura, ch’ha le scalmane, smania, cerca l’aria. Si lo so può sembrare un’ingrata, addirittura un’infedele traditrice. Caro Padre, cara Madre lo so tutto quello che avete fatto per me, e ve ne sono grato, ma non posso continuare a fare quello che mi dite voi per sempre. Del resto me lo avete insegnato voi, ricordate quando mi narravate le storie di quel capellone palestinese, quello che avete ammazzato: “Chiunque avrà lasciato case o fratelli, o sorelle o padre o madre o figli, o campi a causa del mio nome, riceverà il centuplo e possiederà la vita eterna” (Mt. 19,29), “Se uno viene a me e non odia il padre e la madre, la moglie e i figli, i fratelli e le sorelle, anzi la sua stessa vita, non può essere mio discepolo” (Luca 14, 26). “Le volpi hanno tane e i volatili del cielo nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. (Matteo 8, 20) “Sono venuto infatti a dividere il figlio dal padre, la figlia dalla madre e la nuora dalla suocera;” (Matteo 10,35) … Vedete? L’Anima è proprio una testa matta, non sta mai ferma. Non sta mai zitta. Nessuno riesce a controllarla, è curiosa di tutto, vuol sapere di tutto. Non riesco a resistere a questa piccola anima indiavolata, che mi incita ad ex-sistere, ad amare, a innamorarmi, a uscir fuori, a rinnovarmi, a dare vita, creare, a rinnovarmi oltre i limiti della ragionevolezza. Non per niente è l’Anima femmina.Le donne lo sanno.

Si sa, il Maschile ha la tendenza al cazzeggio, a sedimentarsi, a perdersi nell’immobilità dell’accumulazione di soldi e di potere e di adipe. Il Femminile lo scuote dal suo torpore. Il Maschile è forte e coraggioso, ma non è un’aquila, non vede più in la del proprio naso (pene), quando ha fame è disposto a vendersi il Regno per un piatto di lenticchie, (lenticchie!!!). Al femminile gli vengono le fumane e trova il modo di richiamare il bietolone alla sua vera natura di esploratore, di ideatore, di (in)seminatore. Se il caprone non vuole passare la vita a spostare mobili, fare shopping o bere tisane gli conviene uscire a inventarsi qualcosa di grande, di unico e importante. L’Anima al maschile (Animo) è la forza, il coraggio, la protezione, la generosità, il ragionare ozioso (filosofare). Al femminile (Anima) è il gusto per il bello, il tatto, la delicatezza, la fantasia, la creatività, la curiosità, la leggerezza, l’intuizione, la naturalezza, la praticità. L’Anima è quel tocco di femminile senza il quale, diciamocelo, la vita sarebbe un po’ più brutta e sicuramente più monotona. L’Anima è quell’ impulso a generare bellezza che spinge la vita a ricrearsi continuamente. L’Anima è quell’impulso a volare, a cercare il cielo. Non è un pollo è un’aquila, la terra la nutre ma il suo destino è il cielo.

In fondo, ognuno di noi ha la pretesa, se non la coscienza di far parte di qualcosa di più grande del nostro piccolo, povero ego separato. Ci sono particolari momenti di lucidità in cui ne facciamo anche l’esperienza. Sentiamo/sappiamo di partecipare all’infinito. Chiusa negli stretti recinti del “particolare” (il nostro interesse), l’Anima grida la sua voglia di infinito e se dormiamo ci sveglia perché siamo noi che dobbiamo portarcela. Però, paradossalmente è solo nell’inquietudine dell’Anima che aspira all’eternità che noi troviamo se non gioia, perlomeno serenità e pace. Il priore Grünn fa notare che la parola tedesca selig, beato, deriva dalla parola Seele, anima. Chi vive secondo il fluire dell’Anima, non è certamente tranquillo, può essere però beato. La vita adulterata, contraffatta, in-autentica, dell’uomo moderno ha perso il contatto dialogico con la Natura, (la nascitura) e quindi con l’Anima, il suo respiro si è accorciato da quando non respira più nell’Anima dell’Infinito. I risultati si stanno drammaticamente vedendo dentro e intorno a noi. Se vogliamo intendere la vita come nostra, autenticamente fertile e creativa, dobbiamo permettere che l’Anima vi possa esprimere l’energia dello spirito.

Già, ma cosa intendiamo quando pensiamo la parola Spirito. Lo Spirito è la forza che non ha limiti, che non è determinata da niente, è il totalmente libero, l’autòs. Il principio della vita, l’energia originaria, il vuoto quantico da cui tutto trae origine e in cui tutto si rigenera e ricrea eternamente. È l’Infinito, non ha confini che possano definirlo, è il Tutto, l’Uno senza secondo, l’inafferrabile, non può venire compreso ma solo intuito, assaporato, gustato, contemplato oltre qualsiasi razionalizzazione. È Sat-Chit-Ananda: Essere-Coscienza-Beatitudine: “L‘Assoluto dietro al relativo, l’Essere che sottostà al mondo del divenire, l’Actus Purus il cui riflesso è il mondo contingente, il Primum Movens Immobile dell’universo, l’unica Realtà Suprema che si manifesta come mondo fisico ai sensi e mondo mentale al pensiero. Questa Realtà onnipervadente vibra nell’intero universo, dagli atomi fino alle galassie. Tu stesso, nella tua realtà più profonda, valicando le frontiere dei sensi, corpo, mente, intelletto, ego, sei quella Realtà-Tatvamasi” (padre Antony Elenjimittam1). L’energia/spirito, la forza generatrice pervade il mondo intero, l’Anima è la risonanza della sua vibrazione nella nostra vita. L’Anima prende forma nel corpo ma va al di la di esso, perché partecipa alla vita di tutto ciò esiste. L’Anima è tutte le cose (Tommaso d’Aquino). Come l’Amore è infinita: “Per quanto tu possa camminare, e neppure percorrendo intera la via, tu potresti mai trovare i confini dell’anima: così profondo è il suo logos” (Eraclito). Il Logos è ciò che lega, mette insieme, raccoglie. Logos è il legame relazionale. Il Logos è la relazione di compassione Universale che tiene insieme il Creato, dai singoli minuscoli costituenti della materia (siano essi onde o particelle) fino ai livelli di vita più complessi e organizzati. Il Logos è relazione che cura, tutto vive nel suo respiro. Il Logos, l’Amore, è la fonte originaria dell’universo (come dicono Raimon Pannikkar e il fisico Hans-Peter Dürr). “In principio era il Logos e il Logos era presso Dio e il Logos era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”. (Luce è la coscienza auto consapevole, tenebre è l’inconsapevolezza della coscienza). L’Amore auto-consapevole è il principio generante, è il fertilizzatore, ciò che estrae l’abbondanza, che rende l’unione di due più grande della sua somma. L’Anima è la cornucopia da cui sgorga l’abbondanza, è amore in sé. È vita innamorata di se stessa, e che sa di esserlo. L’Anima è la Kore, la dea della primavera che danza, e che fa nascere dalla sua danza la meraviglia del creato. Il creato è il canto dell’Anima a Dio.

1 Domenicano come Mattew Fox, Meister Eckart, Martin Lutero e Giordano Bruno. L’Ordine dei Dominis Cani, i Mastini di Dio è sempre stato un gran forgiatore di eretici. L’Anima vive nell’unione e dall’unione viene la pace e dalla pace viene l’abbondanza, di messi, di vigneti, di figli, di vita. Dalla dis-unione vengono sempre peste, carestia, guerra, morte. Il canto dell’Anima risuona nella nostra coscienza e fa risuonare in noi il suoanelito: l’aspirazione alla quiete operosa, a poter lavorare in pace, a riempire i granai perché non si sa mai, ad aver riserve per poter far l’amore tranquilli nelle lunghe notti dell’inverno. L’abbondanza non è accumulare ricchezza, chi accumula finisce per attaccarsi alle cose che ha accumulato e rischia di venir attaccato da loro. L’attaccamento alle cose non porta pace, porta paura e paranoia. L’abbondanza non si può possedere, non è ricchezza esteriore, ma un atteggiamento esistenziale. Filosofico si potrebbe dire, avendo in mente gli antichi filosofi contadini. L’abbondanza è la “riserva necessaria” quel che basta per sfuggire alla morsa della necessità. È poter fare l’amore, cantare e danzare, bere e mangiare, filosofare e pregare insieme, di poter crescere non solo in forza ma anche in grazia e bellezza in pace. L’abbondanza non viene creata dall’attaccamento ma dal distacco, nell’umiltà di chi prende ciò che arriva e cerca di farlo fruttificare alla meglio, è senza pretesa, non ha secondi fini, non fa differenze, è comunque sempre orientata al rinnovamento di ciò che è, non alla sua distruzione. È un modo di vivere “senza volere e senza rifiutare” (Giovanni XXIII), è desiderare ciò che si ha o meglio ciò che si è. È vivere secondo il flusso della passione, ma senza mollare il timone della nave. Al timone deve stare la coscienza consapevole. La nave che segue la corrente deve essere governata con sapienza e saggezza, il buon senso ci aiuta a trovare il nostro sentiero nell’acqua. Possiamo lasciarci andare alla passione del vivere, possiamo mollare il controllo, certo ma dobbiamo imparare a non farcene prendere la mano. Ci vogliono briglia e polso fermo, ragazzo! Diceva Meister Eckhart. Vivere seguendo la propria vocazione (da voc-azione=dare azione alla propria voce interna) indicata dai nostri talento, che il più delle volte deriva dal nostro limite che diventa risorsa, (come quando un ex balbuziente diventa insegnante di comunicazione;) è vivere artisticamente. Le nostre passioni ci conducono, sono i cavalli che trascinano il cocchio. Lavorano per noi. Vanno un attimino disciplinati in modo che ci portino dove dobbiamo andare. La disciplina è l’amore. La disciplina si ottiene con l’amore, non con le minacce, con l’intimidazione o con il con­trollo. La via dell’Anima è una via di disciplina, non di controllo. Inutile dire che disciplina ha a che fare con il discepolo, non di un Maestro per carità, un discepolo del’arte, un Fedele d’Amore. Come si diceva una volta.

Attualmente sembra che la nostra coscienza sia guidata da un pilota automatico. Un programma creato da un ragazzino prepotente e determinato. Ora è il piccolo ego al timone e la rotta la traccia il suo misero interesse. Piccolo ego è uno che crede solo in ciò che può vedere, toccare, annusare, e soprattutto possedere. Non si fida della vita, né di nessun altro, lui vuole il controllo, e non vuole dover niente a nessuno. Anzi, tutti sono in debito con lui. Lui la felicità se l’è sudata ed ora la vuole lì, sul tavolo: in moneta sonante, in oro e gioielli e case e macchine e celebrità, e potenza e di più, sempre di più. La mente si è smarrita nella bramosia di possesso e di controllo di piccolo ego. Alla pace dell’Anima ci penseremo più avanti, ora c’è da fare via, su, dobbiamo ottenere il massimo di sicurezza possibile e questo vuol dire esercitare il massimo del controllo, se non su di noi, almeno sul mondo in cui viviamo. In primis le nostre relazioni affettive. Però questa sicurezza ci risulta inquietante, quelli che ci stanno intorno e da cui vorremmo essere amati, si tengono sul chi vive, sembrano non fidarsi di noi. A dir la verità anche noi ci fidiamo poco di noi stessi, ma chi se ne frega della fiducia, non è importante che ci amino è importante che ci ammirino o ci temano. E lo faranno se vedranno la nostra potenza, se vedranno che noi siamo una persona che può fare e disfare come vuole, così, a cazzo, se gli gira. Ostentiamola questa potenza, che ci venga riconosciuta una buona volta. Paradossalmente l’attaccamento alla ricchezza porta allo spreco della ricchezza. Ci vogliono più soldi a far la guerra agli affamati che fornirgli i mezzi per sfamarsi. Ego è un necrofilo, perché non crea abbondanza ma perdita. Spreco appunto. Il non-senso, l’illogicità. L’anti-Logos. L’energia vitale non più in funzione della vita, ma del nulla: il puro e semplice mantenimento dell’immagine di potenza e sicurezza che piccolo ego vuole mostrare a se stesso per convincersi che più diventerà Grande più vivrà in eterno. Sogno da eroi che spesso naufraga nell’eroina. Nel culto della propria immagine. Della celebrità. E tutti hanno diritto al loro quarto d’ora di celebrità, lo ha detto quel genio di Andy Warhol. Il sogno dell’apparire ha prodotto la cultura dell’effimero, in cui ognuno recita il suo personaggio per il suo pubblico immaginario. Ognuno è in vendita, molti addirittura in saldo. Una vita più interpretata che vissuta. Una vita da palcoscenico. A questo si è ridotto il povero ego quando ha confuso l’abbondanza con l’accumulazione, l’intelligenza con la furbizia, il potere con la forza, l’Amore con il controllo onnipotente. Non è che l’ego ha fatto solo minchiate, la Civiltà della Teknica ha prodotto lusso, salute, sapere, agiatezza, comodità (anche se solo per se stessa). Non si può dire che ciò che abbiamo sia poco. Eppure non siamo felici, siamo incazzosi, affannati, spaventati e preoccupati, (quasi ci sentissimo in colpa per gli altri due terzi del mondo). Questo modo di vivere Viktor Frankl lo chiama nevrosi noogena, la percezione che senza il potere, il controllo, le conferme che ci danno l’ammirazione o la paura degli atri, la nostra vita non abbia senso. In sé, la nostra vita la percepiamo come insignificante. Forse è perché ci vergogniamo di ciò che siamo che ostentiamo ciò che possediamo (e per farlo vedere meglio ce ne lagnamo pure). La civiltà del benestante, che non è esattamente colui che sta bene, ha liberato nelle nostre vite un sacco di tempo da trascorrere in divertimenti e ozi, eppure la percezione generale è che nessuno abbia più tempo. Con l’Anima ci siamo venduti anche il tempo. Viviamo in città brutte, in case brutte, in relazioni brutte, abbiamo tutti un sogno di andarcene da qualche altra parte o essere qualche altra cosa. Separati dall’Anima, niente ci sembra avere un senso, tutto quello che abbiamo viene dato per scontato (e spesso lo maltrattiamo) mentre smaniamo per ciò che non abbiamo. Nelle città di plastica siamo perseguitati dalla puzza e dalla spazzatura. Spendiamo patrimoni in profumi e deodoranti ossessionati dalla puzza, i nostri odori ci risultano insopportabili (alcuni francamente lo sono quanto l’individuo si detesta). Ma sarà mica che non ci sopportiamo più? Non abbiamo bisogno di relazioni più profumate ma di relazioni più vere, autentiche, di vite meno scintillanti ma più serene. Nel cuore tutti abbiamo una voglia, quasi una nostalgia, di vita bella. Ci manca la bellezza. La bellezza non è estetica ha a che fare con la verità, l’autenticità. Einstein diceva di una formula scientifica che per essere vera doveva essere bella. E Platone diceva che la bellezza è lo scintillio del Vero. Ci manca la bellezza (verità) nelle case, nelle scuole, nelle fabbriche, negli uffici, nelle chiese, negli ospedali e nelle città e ormai anche nelle campagne. Abbiamo tutti un sogno di riuscire, in qualche modo a ridare Anima alle nostre vite, alle relazioni in cui viviamo, respiriamo, amiamo, lavoriamo. Abbiamo sete di Amore Vero. Bello perché Buono. La bellezza non consi­ste nell’apparenza personale, nei soldi, nelle proprietà, nell’onore, nel prestigio, nella sicurezza. L’essenza della bellezza è nell’armonia, nella compassione, nella cura, nella passione, nella libertà, nell’innocenza, nel tendersi verso l’altro, nella responsabilità, nel senso. Nell’Anima.

La ricerca della bellezza è l’essenza dell‘arte del vivere. Il Bello si specchia nel bene e risplende del Vero. Roberto Assagioli il grande maestro italiano della psicosintesi, raccomandava di esporci al bello, perché la bellezza salva. La bellezza unisce perché parla una lingua universale, supera i dualismi e in questo sta il suo potere di guaritrice. La bel­lezza ci distoglie dal dolore, ci ri-orienta sulla gioia. “La bellezza è l’eternità sul­la terra … Ogni ve­ro artista ha un contatto reale, diretto e immediato con la bel­lezza del mondo, un contatto che ha natura sacramentale” (Simone Weil ). La bellezza ci ispira gratitudine. (Difatti siamo grati ai genitori che hanno messo al mondo la persona che amiamo, per non dire quanto grati siamo ai genitori che hanno messo al mondo la persona che amiamo di più: noi stessi. O no?). Il sentimento di riconoscenza è la preghiera più profonda e più adulta tanto quanto il senso di colpa è la blasfemia più superficiale e infantile. La bellezza è al centro del cuore, li dove sta la dignità della persona. Abbiamo perso la bellezza e la dignità (che non è l’orgoglio) quando abbiamo rinunciato all’energia artistica del processo di creazione. L’Abbiamo persa quando da contadini-artigiani ci siamo trasformati in produttori/consumatori, quando ci siamo lasciati convincere che mica si può essere tutti artisti: “Voi pensate a lavorare altri penseranno a produrre bellezza per intrattenervi e svagarvi. Tutte le preoccupazioni lasciatele a chi ne sa più di voi: il corpo ai medici, la mente agli psicologi, l’anima ai preti, e la bellezza agli artisti. Voi lavorate così potrete comprarvi tutta la bellezza e il benessere possibili”. Il consumismo in fondo è una forma di creatività perversa. Se non ci riprendiamo la creatività dell’Essere, se la soffochiamo, quella dell’Avere distruggerà la nostra Anima. Non per via della profezia dei Maya o del Fondo Monetario, magari per mezzo della moltiplicazione dei fast food, delle coltivazioni e degli allevamenti industriali, della relazioni pornografiche (di sfruttamento) e dei (tele)giornali strappalacrime e del bombardamento della conoscenza superficiale mediata dai grandi comunicatori. “A mio parere l’arte ha perso la spinta creativa nel momento in cui è stata separata dal culto, In questo modo ha tagliato un cordone ombelicale e oggi vive una vita sterile, generandosi e degenerandosi» (Ingmar Bergman). La bellezza andò perduta in Occidente quando si perdette il rapporto con il respiro dell’eterno. È a causa di ciò che siamo diventati tutti nevrotici. Vittime consenzienti del potere della società consumi­stica di persuaderci a comprare surrogati della vera bellezza, una bellezza vuota, più confezione che sostanza. Dice, più o meno Otto Rank. Sempre Otto Rank ha determinato alcune delle paure che stan­no dietro il nostra nostro rifiuto della creatività: la paura della mor­te, la paura della vita, la paura della sofferenza, la paura del piacere, la paura dell’androginia, la paura della colpa. Fondamentalmente ciò che impedisce alla nostra creatività di svilupparsi è la rimozione dell’infinito, da una parte, e l’orrore del nulla e del vuoto, dall’altra. Ma forse siamo perseguitati da un’altra paura: quel­la dell’immagine dell’Anima che è presente in noi e in ogni persona e che stride brutalmente con l’immagine che ci siamo costruiti di noi stessi. La paura del nostro essere creatori, esseri meravigliosi, è gran­de. Del resto ce l’hanno messa tutta per farcela venire. Vi ricordate? “Sei stonato come una campana”, oppure: “Sta fermo sei ridicolo”, oppure: “Disegnare non è proprio il tuo for­te” e tutti gli infiniti “Lascia perdere, non sei adatto”, “Vuoi andare al conservatorio? Al liceo artistico? Non dire stupidaggini, pensa piuttosto a far il geometra, il ragioniere, l’impiegato, l’ingegnere, l’avvocato, il dottore, quelli si che sono mestieri seri”. “Sono solo grilli giovanili, sei una testa matta, non vedi che più pensi più ti vengono i problemi?”, “Sii pratico, i tuoi sogni sono irrealizzabili”. Esortazioni che ci hanno trasformato dai bambini multicolori che eravamo in tristi uomini grigi. Incattiviti e violenti. Perché “Quando un uomo è privato della capacità di espressione, si esprimerà nella brama potere” (José Argiielles). Eppure, prima che lo spegnimento della creatività ci rinchiudesse nelle nostre solitudini private, settarie e difensive, sapevamo tutti esprimere creativamente la nostra vitalità, Da bimbi eravamo tutti “artisti” ricordate? E ci divertivamo a vivere. Non avevamo paura di lasciarci andare, eravamo capaci di inventarci di tutto per stupefarci: appenderci all’incontrario, correre in circolo senza posa, trattenere il fiato, saltare dagli alberi. Eravamo facili alla confidenza, sapevamo metterci d’accordo rapidamente su che gioco giocare e quali fossero le regole del gioco. L’80 per cento dei bambini e delle bambine di sei anni è creativo, contro solo il 10 per cento dei quarantenni. Questo significa fra i sei e i quarant’anni la creatività viene uccisa. Significa che l’Anima viene abortita in una cultura nella quale i sogni e le visioni dei bambini vengono denigrati e ridicolizzati. L’ostacolo maggiore al vivere artisticamente da adulti è riuscire ad abbandonare l’atteg­giamento di giudizio nei confronti delle proprie espressioni personali. È necessario ricollegarci alla nostra piena creatività, abbiamo bisogno di esprimere la nostra passione per rilegarci alla nostra divinità. Abbiamo bisogno di vivere appassionatamente e di ridere, sorridere insieme alla vita2. Abbiamo bisogno di vivere come artisti innamorati della propria Arte. Abbiamo bisogno di vivere per lei, l’Anima.

2 Un bambino di media ride 400 volte al giorno, un adulto 5 (e alcuni neanche). Secondo uno studio americano l’80 % dei bambini fino è creativo contro il 20 % degli adulti. Che ci sia un collegamento fra riso e creatività? Allora dovremmo cambiare il proverbio: “Il riso abbonda sulla bocca degli artisti”. Che poi gli artisti siano stolti per l’ordine costituito è un problema dell’ordine costituito.

L’artista che è dentro ciascuno di noi ha bisogno di uscire allo scoperto e portare la propria passione nel mondo. Nel regno della creati­vità, è lo sguardo innocente del fanciullo a guidare la mano dell’artista …. in quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?». Allora Ge­sù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete co­me i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiun­que diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più gran­de nel regno dei cieli» (Matteo 18,1-4). Ma come possiamo da adulti tornare fanciulli senza diventare infantili? Re imparare a giocare insieme è la chiave. Non i giochi strutturati, per forza non abbiamo più tempo libero “dobbiamo” giocare. Giocare come giocano i bambini piccoli, senza contare i punti, senza sfide all’ultimo sangue, così solo per divertirci, alla fin fine per stare insieme, ridere insieme, stupirci e meravigliarci delle piccole cose, “perdendo tempo”. Chiacchierando e raccontandoci storie, lavorando il legno o occupandoci della casa, studiando o danzando, dipingendo o edu­cando, cantando o facendo il buffone. Come i bambini o i vecchi saggi. La bellezza non è un prodotto è uno stato d’animo sempre presente in noi e quindi raggiungibile qualsiasi cosa stiamo pensando o facendo. Che vogliamo esprimere nel mondo con il nostro lavoro, la nostra creatività. Animare la propria vita è infondergli bellezza, generare amore nell’universo. Abbiamo bisogno di ritrovare nella nostra vita e nel nostro lavoro la passione dello spaccapietre dell’apologo, quello che lavora con piacere non solo perché si sta procurando da vivere per sé e la sua famiglia ma anche perche sta partecipando alla costruzione di una cattedrale che eternamente renda gloria all’eterno3. Allora vivere non è solo tremore e timore ma anche sublime divertimento.

3 I sapienti dicono che vivere per l’eterno sia vivere eternamente, mah! Questo non significa che la creatività sia facile, non tutte le cagate sono creative, anche se possono stupire esposte alla biennale, restano sempre cagate. E ancor meno è detto che la creatività si identifichi con la cosiddetta “spontaneità“. Non tutti i moti di stomaco sono moti di spirito, vedi sopra. E non è vero che basta tagliarsi un orecchio per dipingere come Van Gogh o farsi le pere per suonare come Jimi Hendrix. La creatività richiede sapienza, tecnica sopraffina, e la tecnica è sopraffina quando non si impone, resta sullo sfondo. Ci vuole lavoro duro, sudore, arti doloranti, dita ammaccate, calli, muscoli dolenti, occhi che bruciano e menti che si infiammano nel brivido dell’intuizione. Creare significa sempre imparare, cominciare sempre da capo. Chiedete a un danzatore, a un musicista, a uno scrittore, a un genitore, a un pittore, a uno scultore. A un insegnante. Ma quan­do la relazione con la propria arte è davvero una relazione di disciplina dedicata a dare forma nel mondo alle immagini che ci giungono dall’Anima, allora la stanchezza non conta, perché la gioia e il piacere sono ve­ramente molto grandi. La disciplina riguarda il lavoro, il lavoro duro. Ma l’artista non fa caso alla sofferenza, non ci rimugina sopra perché, perché sa che quando l’opera avrà compimento la gioia esploderà, come os­serva Gesù nel Vangelo di Giovanni, la gioia di una madre dopo il parto fa scomparire tutto il dolore che lo precede. Pablo Ca­sals scrive a proposito della disciplina dell’artista: “È ovvio che niente può sostituire il lavoro duro. Io faccio eser­cizio costantemente, come ho fatto per tutta la vita. Mi è sta­to detto che suono il violoncello con la stessa facilità con cui un uccello vola nell’aria. Non so quanto sforzo sia necessario a un uccello per imparare a volare, ma so quanto sforzo ho messo nel mio violoncello. Quella che sembra un’esecuzione spontanea è frutto di un grande lavoro. […] Quasi sempre la spontaneità dell’esecuzione viene da uno sforzo molto gran­de. L’arte è il prodotto della fatica”. Cantare, ballare, leggere poesie, dedicarsi ad attività creative, recitare, ridere, aiutare, guardare con il cuore, accarezzare un fiore, fare un sorriso amichevole, abbracciare, tutto può contribuire a entrare in con­tatto con l’anima. Sono finestre che si aprono nell’Anima. Quando esprimiamo l’in-canto d’amore nella nostra vita, allora l’Anima inizia a trepidare. Allora si muove e porta anche l’essere umano a vibrare. Il canto che risuona nell’Anima ci porta a contatto con la nostra natura autentica, con la nostra intuizione interiore di una vita appagata e felice perché ha realizzato il suo compito. Molte difficoltà sul piano personale come su quello socia­le, vanno riconosciute in questa perdita. Senza questa riconnessione con la bellezza della relazione vitale con la creazione subentra il vuoto, la sensazione di isolamento, la chiusura in se stessi e nella propria introspezione, l’ossessione della salvezza individuale e il che resto si fotta. Non sembra più possibile vivere così. Nell’aria si sente un profumo di nuovo, anzi di antico. Più che una Nuova Era sembra che una Prima(v)Era si stia annunciando. Questo è il tempo dell’Anima. Tutte balle? Deliri francescani? Utopie di vecchi hippies o sogni di giovani new Age? Quisquilie, pinzellacchere senza nessun fondamento? Può darsi, ma prova a immaginare …. Chiudi gli occhi … immagina… immagina…

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Imparare è un’esperienza; tutto il resto è solo informazione. [Albert Einstein]